Partnership Pubblicizzata con GAGGIA Milano

Hosted by Alessandro Gottardo

Alessandro è il terzo ospite di HOME RITUALS, il progetto in collaborazione con GAGGIA Milano realizzato con Barbara Mantovani, in cui Casamenu racconta un tipico rito quotidiano: la pausa caffè. In arte Shout, Alessandro è un illustratore freelance che ha collaborato con Gaggia in occasione della creazione dell’illustrazione celebrativa del marchio, dedicata ai 25 anni di macchine automatiche per caffè.Vi sfidiamo a un piccolo aguzza la vista perchè, oltre a poter trovare la sua opera nel corso dell’articolo, anche sotto forma di logo, ne troverete una versione mini e mimetizzata in una delle foto di casa sua. Vi lasciamo indagare…

Alessandro, da quanto tempo vivi in questa casa e con chi?“Dal 2018, con mia moglie Camilla e mia figlia Leda. Ci abbiamo messo parecchio a ristrutturarla, dovevano essere quattro mesi e sono diventati un anno e mezzo. Due diverse imprese sono subentrate per completare i lavori, ci sono stati una sospensione dei lavori e un passaggio di avvocati. Sono disavventure che capitano, però alla fine la casa è venuta come volevamo e ne siamo molto felici.” C’è un aneddoto legato alla casa?“Quando arrivai a Milano a 19 anni e cominciai a conoscere la città, quella attorno all’Arco della Pace mi sembrava la zona più bella. Ricordo che quando iniziai a lavorare, dopo gli studi, ed ero in cerca un appartamento in affitto, ingenuamente venni in questa zona a chiedere ai portinai se c’erano appartamenti disponibili. Dico ingenuamente perché non erano prezzi che comunque mi potevo permettere. Per cui, essere riuscito a comprare casa qui, 15 anni dopo, è un po' una vittoria.”

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Quale caratteristica te l’ha fatta sentire tua?“Diverse, devo dire. Prima di tutto, l’affaccio dello studio dà sul viale alberato della zona pedonale, la vista è quello che mi ha fatto dire la voglio, e il giorno dopo aver visitato l’appartamento, ho fatto l’offerta d’acquisto.La zona poi ha tantissimi vantaggi: siamo attaccati al Parco Sempione, il che mi consente di andare a correre quando voglio, siamo a un quarto piano, per cui la movida non ci disturba, abbiamo la fermata dei tram 1 e 10 davanti il portone di casa, siamo a 15 minuti a piedi dalle metro di Cadorna, Moscova e Pagano, da qui si può arrivare in Duomo a piedi in 25 minuti: dalla zona pedonale, attraversi il parco, il castello, via Dante, Piazza dei Mercanti e ci sei, contemplando il meglio che Milano ha da offrire, in quanto ad architetture e landmark.Mia figlia ha passato a sua infanzia nell’area giochi del parco e siamo a 10 minuti a piedi da casa dei nonni.Mi pare inoltre una zona che sta cambiando in meglio anche come tipologia di servizi commerciali. Prima si trovavano unicamente cocktail bar con happy hour a basso costo, ma da qualche tempo stanno aprendo diverse alternative, come ad esempio il panificio Egalitè, o ristoranti e wine bar come Pasta Mare o Cru Arco. Chi vuole investire nei locali qui, deve ripensare agli utenti che frequentano la zona.Insomma, dire che è la casa perfetta per noi, è poco.”

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Ci racconti il progetto di ristrutturazione?“Cercavamo una casa da ristrutturare, per due motivi: volevamo personalizzarla completamente e sapevamo che sarebbe costata meno, nel complesso. Ci abbiamo visto giusto.Avevo già scelto l’architetto, la mia amica Elena Martucci, pubblicata numerose volte da Domus, Living, Abitare e altri prestigiosi magazine, per i suoi bellissimi progetti.La casa non è molto grande, ma è tagliata molto bene, 130 metri quadri in cui non ci sono spazi morti, è stata pensata per sfruttare tutto lo spazio possibile.Si entra subito nella zona giorno, un ambiente open con cucina a isola, tavolo da pranzo e divano.Le nicchie nei muri sono diventati armadi o librerie, il telo da proiezione è dentro il controsoffitto, così non ci serve avere la TV a vista, un oggetto che odio, trovo sia bruttissimo e totalizzante in un ambiente domestico.Ci sono inoltre due camere da letto, il mio studio e due bagni, di cui uno en suite.La casa, bi esposta, ha solamente grandi porte finestre: una per camera, due nella zona giorno dove, essendo esposta a sud ovest, entra sempre luce, dalla mattina alla sera. Nella zona notte abbiamo un parquet di faggio, posato secondo un disegno particolare, su indicazione di Elena. Gli armadi della zona notte sono Lago, il modello Et Voilat, che eliminano il problema delle ante, grazie al telo scorrevole.Il bagno è in legno resistente all’acqua, in stile giapponese.Per tanti versi penso sia una casa unica.”

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Che caratteristiche doveva avere la cucina?“Dal momento che è inserita in un unico ambiente con il soggiorno e il tavolo da pranzo, abbiamo voluto che la stanza sembrasse meno cucina e più living. È chiaro però, che è stata creata in base gli spazi disponibili. Se avessi avuto a disposizione una metratura maggiore, avrei preferito una cucina separata dal resto della casa.Una cosa che non avevo considerato, infatti, è che sebbene l’isola a vista sia molto conviviale, ti crea dei problemi quando cucini. Trovo infernale dover preparare la cena con gli ospiti che chiacchierano vicino al bancone, perchè quando cucino ho bisogno di concentrazione. Per cui, distraendomi, spesso sbaglio i piatti che sto preparando.Nel tempo, proprio per evitare errori, ho imparato a cucinare tutto prima dell’arrivo degli ospiti, ma ci sono alcuni piatti che non posso fare al momento e questo un po' mi spiace. Pazienza, me ne faccio una ragione.” Chi cucina a casa, sempre tu?“Mi piace mangiare e, se qualcuno volesse cucinare per me, ad esempio mia moglie, lascerei fare. Dato che non è così, se voglio mangiare bene, devo cucinare bene. Ed è quello che provo a fare.”

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Che stile avete scelto per la cucina?“Quando eravamo ancora alla ricerca della casa, avevamo visto un pavimento in marmette originali in un appartamento in via Bramante e ce ne siamo innamorati. È capitata l’opportunità di acquistarne diversi metri quadri da una villa a Verona e le abbiamo portate qui. Il pavimento, così caratteristico, ha poi guidato l’arredo in una direzione precisa.In cucina abbiamo scelto un’isola in lavagna e mobili in noce italiano massello.Elena ha avuto un sacco di idee fantastiche, quello delle madie che nascondono la cucina ad esempio. Non volevamo i classici pensili, l’idea era di far scomparire la cucina e le madie ce lo hanno permesso. Sono molto spaziose, contengono tutto ciò di cui si ha bisogno e, al tempo stesso, arredano l’ambiente con il loro bellissimo rivestimento di legno. Le porte a scomparsa permettono inoltre di usare ciò che è contenuto all’interno, senza dover aprire e chiudere sportelli in continuazione.Parlando sempre di praticità, i cassetti delle stoviglie sono a mezza altezza, di fronte alla lavastoviglie, in modo da rendere facile lo svuotamento senza doversi piegare continuamente.L’isola ha le prese elettriche dentro uno dei cassetti, in modo da poter usare gli elettrodomestici con facilità.Infine, alle pareti ho messo alcune opere di colleghi illustratori che ammiro e di cui sono amico.”

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Ci racconti la scelta dei materiali? “L’isola è sempre stato un mio sogno, non mi piaceva l’idea di cucinare guardando un muro. In questo modo ho sempre il salone di fronte, con due belle portefinestre alla mia sinistra e tanta luce.Abbiamo scelto di rivestirla in ardesia. All’inizio ci faceva impazzire perchè sensibile agli acidi, ora però, dopo 6 anni, abbiamo imparato a conoscerla. Essendo una pietra, nessuna macchia rimane per sempre, e ci sono prodotti molto validi che le fanno comunque scomparire.Gli angoli delle lastre sono tagliati a 45, per cui molto delicati. Qui e là sono un po' sbeccati, ma fa parte del normale utilizzo delle cose, non mi dispero per l’usura. Le cose vanno usate.L’abbiamo voluta nera perché, con le marmette, un’isola di materiale chiaro o metallico per noi non aveva senso. Mentre, per contrasto, le madie sono di noce. Un mix di pietra, legno, marmette, rosso e nero, insomma.” Cosa non può mancare in cucina? “Il piano di lavoro è estremamente importante, avere lo spazio sufficiente per poter tagliare e lavorare è essenziale.L’induzione è molto comoda, in quanto non ti costringe a passare il post serata a pulire pezzo per pezzo i fornelli a gas.Gli elettrodomestici, invece, li uso poco. Ho un impastatrice per i dolci, che non faccio spesso, un tritatutto e poco altro.”

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Hai un oggetto del cuore in cucina? I coltelli della Global. Li ho acquistati dopo aver letto Kitchen Confidential di Antony Bourden durante il volo Milano – San Francisco, mentre andavo a raggiungere Camilla, allora mia fidanzata, per vivere insieme sulla Bay per un anno e mezzo. Camilla faceva li il dottorato, mentre io potevo lavorare con il portatile.All’epoca guardavo sempre No Reservation il programma tv di Bourdain, ero un grande fan, per cui comprai il suo libro e lessi che consigliava un coltello giapponese della Global, Uno solo, con cui potevi fare tutto.” Quindi hai seguito il consiglio di uno chef, il tuo preferito.C’è un aneddoto davvero incredibile legato a Bourdain.Un giorno mi arriva la Nikon che avevo appena acquistato su Amazon. Era il 2008, per cui serviva una vera macchina fotografica per scattare foto. Uscii di casa per provarla e dopo una 30 di metri vedo Anthony Bourden dall’altro lato della strada. Facevo fatica a credere ai miei occhi. Ho saputo dopo che era in città a registrare una puntata e aveva scelto, tra gli altri, un ristorante giapponese sotto casa mia.Non sono mai stato un fan nel senso stretto della parola, non mi impressionano i personaggi famosi, non mi interessa fare una foto con loro, ma con Bourdain… mi sarebbe piaciuta una foto. Non so perché. Mi colpiva molto. Sta di fatto che non ebbi il coraggio, gli scattai una foto da dietro un lampione con la mia Nikon in stile paparazzo, una cosa imbarazzante devo dire. Poi con Camilla e una nostra amica trovammo la lista online dei ristoranti in cui girò la puntata di San Francisco e li provammo tutti, fu molto divertente.Ho ancora quella foto di Bourdain rubata dietro al lampione. E confesso che quando la guardo mi si stringe il cuore.Quando si tolse la vita fu uno shock. L’uomo che fa il lavoro apparentemente più bello al mondo … ti fa pensare.”

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Hai una macchina per il caffè: come deve essere? “Ho una Gaggia Evolution per il caffè espresso e diverse caffettiere moka Alessi di Richard Sapper.La prima è una macchina piccola ma pratica, facile da usare, sia con macinato sia con cialde, rossa come parte del nostro arredo. È dentro la madia, uno spazio perfetto.Non voglio macchine espresso difficili da usare. Ha quello che mi serve. La uso prevalentemente per caffè veloci e corti. Magari nel pomeriggio.La moka invece è quello che uso la mattina quando mi sveglio, dal momento che bevo una gran quantità di caffè a colazione.”Quanto incidono design e tecnologia nella scelta di una macchina per il caffè?“Amo il design, amo scoprire brand che non conosco, quindi anche il design di una macchina del caffè è per me importante. Avendo una cucina a vista, ancor di più, voglio che l’occhio cada sempre su qualcosa di bello.” Il momento che dedichi al caffè è per te un rito quotidiano? Il caffè che prendo dopo pranzo ha una funzione diversa rispetto a quello del mattino.Lo sorseggio lentamente mentre sto disegnando, è effettivamente più quasi un rito, per aiutarmi a trovare idee.”Come lo prendi e quale scegli? “Lo prendo sempre seduto. Le marche, invece, le cambio spesso, per curiosità. Ho provato anche il caffè Luwak, quello estratto da bacche defecate dallo zibetto, acquistate a caro prezzo in Indonesia. A mio parere nulla di che, a dire il vero, ma non mi reputo un intenditore.”

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Hai un ricordo o un aneddoto legato al caffè? “Tornando alla mia amata San Francisco, ricordo un ottimo caffè da Blu Bottle, oggi diventato una catena con vari punti vendita. All’epoca era solo un chioschetto ricavato da un garage vicino a casa nostra, in cui facevano un caffè espresso da chicchi appena macinati. Li avevano di svariate provenienze, il migliore era quello dello Yemen, con un profumo incredibile. Peccato solo che per fare un singolo caffè impiegassero minuti! Il concetto di espresso per gli americani non ha significato. Comunque era molto buono e valeva la pena aspettare in coda.” Bere il caffè al bar o in caffetteria è infatti un’esperienza diversa dal berlo a casa. Perchè scegli di farlo a casa, soprattutto vivendo ora a Milano, in una zona con così tanti locali? “Al bar lo bevi di fretta. In genere poi è per necessità, per combattere la sonnolenza o per aiutare la digestione, o cose così. Invece a casa mi prendo il tempo che ci vuole.

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Alessandro, hai un rapporto diretto con Gaggia che ha festeggiato 25 anni di macchine automatiche con una tua opera. Quali sono stati gli elementi che ti hanno ispirato per la realizzazione dell’illustrazione celebrativa?“Sicuramente le due macchine del caffè, la prima e quella nuova, hanno dato il là all’idea di città.Si può dire che io sia partito da lì per costruire l’immagine, poi la passeggiata lungo lago mi è stata suggerita dalla presenza del cane della pubblicità originale…”

Logo Gaggia
Illustrazione Gaggia

Alla fine della giornata, ci siamo chieste: esiste quindi la casa ideale? Per Alessandro, la risposta è sì. Questa, la sua. Raramente ci è capitato di sentire un così forte legame di una persona per uno spazio, pur avendo visitato ormai decine di case. Sarà perchè lavora nel suo studio tutti i giorni guardando una finestra a cui non servono tende, che non è altro che una lampada luminosa rivestita delle foglie degli alberi di corso Sempione.Sarà perchè ama ogni oggetto che ha scelto per la sua casa, ne parla con orgoglio, persino con affetto.Sarà che Alessandro è un silenzioso osservatore che senza parole dialoga con quello che ha intorno, si circonda di bellezza e di comfort emotivo e che ha fatto della riflessione e del dare un significato profondo a un segno, il suo lavoro. Come molti artisti non ama riempire la casa di sue opere, un vero peccato per chi viene a trovarlo, soprattutto quando è così bravo. I due grandi ritratti appesi sopra la madia, però, sono suoi e riprendono i colori principali della casa: il bianco, il nero e, anche se è un dettaglio che si nota solo guardandoli da vicino, il rosso, che contorna occhi e bocca. Grazie Alessandro per essere stato nostro ospite e per esserti raccontato così bene davanti a un caffè. Ci rimane un solo rimpianto, non averti chiesto di vedere la foto che hai fatto ad Anthony Bourdain. Magari la prossima volta?

CONTATTI 

Alessandro Gottardo – Illustratore

conceptualillustration@gmail.com

 

 

MACCHINA MANUALE PER CAFFÈ – GAGGIA MILANO

Modello: Espresso Evolution color Lava.

 

SET PER IL CAFFÈ

CREDITS: piatto frutta  Onda in porcellana di Limoges disegnato da Beatrice Rossetti e tovagliolo Tab in lino leggero color Crab di Society Limonta.
Tazzina vintage bianca e rossa anni Cinquanta.
Lattiera in borosilicato di Ichendorf della collezione Piuma, design di Marco Sironi.

 

CUCINA

Realizzata su disegno dell’architetta Elena Martucci.
Isola in ardesia e armadi in legno di noce. Marmette di cemento colorato recuperate da un’altra casa, nel veronese.

 

COLTELLO

Global

 

COMPLEMENTI NELLA MADIA

Piccola collezione di moke con pezzi di dimensioni diverse, tutte del modello 9090 di Richard Sapper per Alessi.

Contenitori della linea Circus di Marcel Wenders per Alessi.

Tostapane Plissè verde di Michele De Lucchi per Alessi.

Teglie, pirofile e vassoi di Eva Solo.

Bicchieri della collezione Ripple di Ferm Living, e qualche brand outsider come il polacco Tonfisk.

Pentole Agnelli.

Fruttiera AC04 di Achille Castiglioni per Alessi, in edizione limitata, color rame, molto amata da Alessandro.

 

FRIGO E PLANETARIA

Entrambi rossi, della SMEG.

 

TAVOLO DA PRANZO

Canteen bianco, in legno di scarto riciclato di Piet Hein Eek trovato da Rossana Orlandi.

 

SEDIE

Leggera 646 di Gio Ponti per Cassina.

 

DIVANO

CH163 in pelle nera di Hans J. Wegner per Carl Hansen & Son.

 

LAMPADE

Arco di Castiglioni per Flos, accanto al tavolo da pranzo.
Atollo di Magistretti per Oluce, sulla madia bassa.
PH 2/1 di Poul Henningsen per Louis Poulsen, a sospensione sopra all’isola.

 

HOME RITUALS torna prossimamente con il quarto episodio e un nuovo ospite.
Trovate QUI il primo appuntamento da DWA Design Studio e QUI il secondo, nella casa bolognese di Rossella Cardone.

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