Marcello ha studiato industrial design al Politecnico di Milano e si è specializzato in interaction design. Dopo dieci anni come freelance e consulente creativo ha deciso di mettere alla prova il suo profilo ibrido e ora lavora come design manager in una grande società internazionale, Accenture. Casa sua è una mansarda con vista sui tetti di Sesto San Giovanni, a due passi dalla metro rossa e, di fatto, a pochi minuti da tutto. Da un piccolo ballatoio privato e silenzioso si accede all'ambiente principale, una luminosa base bianca su sui spicca la cucina scura, a contrasto, che si chiude come fosse un’armadiatura.Amiamo le cucine dissimulate come la sua, soprattutto se inserite all’interno della zona giorno. Anche i vini sono nascosti nel mobile tv dietro un’anta specchiata e il frigorifero si nasconde dietro a una tenda colorata… Ci fa molto ridere l’immagine di questi oggetti pudichi e timidi, che aprono sportelli e sipari solo quando prendono confidenza con gli ospiti!

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Marcello, cosa ti ha portato a Milano? “Le mie origini sono nella Brianza lecchese, ma dal 2009 abito a Milano. Quando raggiungevo il Politecnico in treno come studente, prima di arrivare a Milano Porta Garibaldi passavo in mezzo alla città di Sesto e mi dicevo: “Che postaccio, non ci abiterò mai”. Eccomi qui. Ora ci sono affezionato, per il suo essere vicinissima ma al tempo stesso “lontana” da Milano.” Quindi quanto influisce il quartiere nella scelta di una casa? Com’è il tuo?Siamo sul limite di due mondi, Milano e Sesto. Le vie di questo quartiere - il rione Vittoria - sono intitolate ai luoghi delle grandi battaglie della prima Guerra Mondiale. Le casette colorate che lo compongono costituiscono un piccolo paese nella città, con un’identità che deriva dal passato industriale delle grandi industrie - Marelli, Falck e Breda - di cui qui intorno permangono i resti. Alla soglia di entrambe le città, ho imparato a conoscere questo mondo di mezzo fatto di spazi pieni e vuoti: grazie alla vicinanza della metro, in 10 min posso essere in Porta Venezia, oppure passeggiare in una Bicocca metafisica e andare a correre al Parco Nord (una vera scoperta durante gli anni di pandemia).

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Come sono state le tue precedenti esperienze abitative?“Negli anni ho abitato (da solo, o in coppia) in zona Cinque Giornate, in Città Studi e a Lambrate, tutti quartieri di Milano che ho amato, con i loro pregi e difetti. Poi mi sono deciso a comprare casa da solo: era il 2018. Ho passato qualche mese a cercare, ma il mio budget era limitato. Volevo trovare una casa che potessi personalizzare interamente partendo da una buona base e questa si è dimostrata perfetta perché era non finita (a rustico), ma già in classe B. Ho iniziato così a cercare le finiture adatte per completarla. E mi sono molto divertito a trovare soluzioni semplici ma efficaci per ampliare gli spazi.” Cosa ti è piaciuto di questo appartamento?Aveva una buona energia: non prendetemi per matto, ma c’era qualcosa nella luce e nel mix di correnti d’aria… Ricordo che era una giornata ventosa, e con le finestre aperte c’era un bel movimento. Forse anche perché era una tabula rasa, vuota e senza pavimenti: così potevo ripensarla dall’inizio.” Quali sono i pregi e i difetti di casa tua? “I pregi di questa soluzione sono la tripla esposizione, oltre al fatto che sia al terzo e ultimo piano, con le travi a vista, e due balconi. Il difetto principale, pur avendo accesso indipendente, è che affaccia su una casa di ringhiera e questo sicuramente limita in parte la privacy.”

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Come sei intervenuto durante la ristrutturazione?“Ho abbattuto un muro che creava un piccolo corridoio verso la camera da letto, in modo da rendere più pulita la pianta e così che la sala fosse un unicum con la cucina. L’angolo cottura è stato infatti al centro della progettazione del mio appartamento, dato che volevo un modello a scomparsa fatto su misura. Ho chiesto aiuto a Studio Wok, amici architetti che apprezzo molto e che si sono dimostrati abilissimi nel creare una soluzione versatile e quasi invisibile, una volta chiusa. Mi piace cucinare per gli amici ma anche poter far scomparire in un attimo il disordine dei fornelli mentre si è a tavola. Le ante si sono rivelate molto utili anche per creare un fondale neutro per le mie call da remoto. Il frigo, per non essere a vista e non interrompere la linearità della cucina, è stato posizionato in una nicchia che può essere nascosta da una tenda in tessuto.A completare la sala, ho disegnato un mobile contenitore che alloggia la televisione ma al tempo stesso aggiunge contenitori e cassetti utili per distribuire la dispensa e i piatti, come in una madia 4.0.”

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Come passi il tempo a casa? “Durante e dopo la pandemia, il mio lavoro mi ha permesso di poter condurre la maggior parte delle attività da remoto. Il mio team è cambiato a seconda dei progetti che ho incontrato in questi 3 anni di consulenza per grandi realtà internazionali, ma posso dire che il mio ufficio è stata la mia casa. Ora si sta gradualmente tornando in presenza, ma lavorare qui rimane una parte importante della mia settimana. Poi ovviamente ci sono la cucina, le serie TV, i libri (tanti) e la X-Box per rilassarsi!” La cucina fa anche da aggregante oltre che da ufficio? “Prima della pandemia ammetto di averla usata molto di più per le cene con amici, ora la riservo per pasti per pochi intimi e per prepararmi qualche gustosa ricetta, infatti cucinare mi ha sempre appassionato: mi rilassa e mi dà grande soddisfazione preparare qualche cosa di buono per qualcuno. Devo dire che sono un grandissimo fan del quinto quarto e delle frattaglie, ma il mio vero piatto forte sono gli ossibuchi, con polenta o risotto; a volte me li faccio anche solo per me, come comfort food.”

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Come deve essere la tua cucina e che stile ha?“Sicuramente il mimetismo è un concetto che amo nei miei progetti. Cerco sempre di adattare linee e finiture in modo che le forme spariscano o diano l’impressione di essere “altro”. Un mobile che sembra una spugna (come la mia Serie delle Porifere per la galleria Nero di Arezzo), o la mia cucina che, chiusa, non è dissimile da un guardaroba. Per una prossima casa, più grande e spaziosa di questa, mi piacerebbe avere una cucina separata dalla sala giorno - efficiente, minimal e tecnologica - per farla diventare un laboratorio, per sperimentare, lontano dagli spazi della convivialità.” Che materiali e che colori hai scelto per la cucina? La cucina è in Fenix grigio scuro, un materiale che ho conosciuto quando lavoravo insieme a Martina Gamboni su alcuni progetti e che mi ha sempre affascinato per le sue qualità tattili e di resistenza. Per il mobile in sala ho utilizzato invece un laminato bianco avorio effetto opaco per riprendere la finitura dei muri lasciati a gesso: questo perché il mobile doveva essere una estensione “attrezzata” del muro stesso.” Come hai scelto gli arredi e le finiture? “Il tavolo che ho auto-prodotto seguendo le istruzioni di Enzo Mari è stata una scelta obbligata: i miei primi di anni nel mondo del lavoro li ho passati in Danese Milano, conoscendo personalmente il Maestro e altri grandi del design. A fargli compagnia ci sono diversi stampe d’autore come i Segni Sinsemantici, i posaceneri di Mangiarotti, e vicino al tavolo compare anche uno sgabello contenitore: fa parte della seconda edizione in versione marmorizzata della Serie degli Stilopratici, 10 pezzi unici che avevo disegnato nel 2017 per Nero Design Gallery e presentato al Miart di quell’anno.”

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Marcello, hai un oggetto del cuore in cucina?“Amo i coltelli. Senza, non si può preparare la materia prima per essere cucinata. Quello che amo di più è un coltellaccio che mi ha regalato mia sorella: una piccola mannaia, molto versatile, fatta di acciaio crudo.” Cosa non può mancare a casa tua? “La luce, e un pavimento caldo e confortevole in legno.” E cosa in cucina?“Ero scettico sull’induzione ma non tornerei indietro. La moka, deve essere sempre presente. E i coltelli che, come dicevo, sono un po’ un mio feticismo.”

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Ora, coltelli e mannaie a parte, è stato un vero piacere venire a trovare Marcello e sentire una voce interamente maschile in un coro di voci femminili che di solito discutono con noi di cucina. Maschile non solo per il padrone di casa ma anche per via dei progettisti e amici che hanno disegnato su misura la cucina per lui: uno sfondo razionale e neutro, un gioco di dissimulazione della funzione e del disordine che inevitabilmente coinvolge la cucina più volte al giorno, il punto di partenza da cui iniziare a progettare la sua prima casa.  E quando pensi alla riservatezza di Marcello, ecco che ti stupisce mostrandoti le ceramiche fatte a mando da lui, il quaderno con i suoi disegni a china, e la sua tesi di laurea, una chimera ispirata ai 16 animali, il puzzle di Enzo Mari per Danese Milano (1957).  Ed è così, che quando ancora volta viene svelato ciò che è nascosto, arriva una sorpresa… Marcello stesso!

Cucina

Su misura in FENIX, progettista Studio Wok

 

Piatti 

Habitat

 

Bicchieri e stoviglie

Ikea, Ilaria.I o qualche pezzo ereditato dalla nonna di Marcello

 

Coltello preferito

ButcherX

 

Tavolo

Autoprogettazione di Enzo Mari, assemblato da Marcello (le istruzioni si trovano in un libro edito da Corraini)

 

Stampe

Vari autori, Danese Milano

 

Sedie

Ikea

 

Lampada applique

Serge Mouille, 1953

 

Oggetti vari

Sono disegni, progetti e ceramiche realizzate da Marcello, per lavoro o per piacere personale. In particolare, lo sgabello contenitore della Serie degli Stilopratici, è uno dei 10 pezzi unici esposti da Nero design gallery di Arezzo insieme ad altri lavori del designer.